Il programma anarchico

1. Abolizione della proprietà privata della terra, delle materie prime e degli strumenti di lavoro, perché nessuno abbia il mezzo di vivere sfruttando il lavoro altrui, e tutti, avendo garantiti i mezzi per produrre e vivere, siano veramente indipendenti e possano associarsi agli altri liberamente; per l'interesse comune e conformemente alle proprie simpatie.
2. Abolizione dei Governo e di ogni potere che faccia la legge e la imponga agli altri: quindi abolizione di monarchie, repubbliche, parlamenti, eserciti, polizie, magistratura, ed ogni qualsiasi istituzione dotata di mezzi coercitivi.
3. Organizzazione della vita sociale per opera di libere associazioni e federazioni di produttori e consumatori, fatte e modificate secondo la volontà dei componenti, guidati dalla scienza e dall'esperienza e liberi da ogni imposizione che non derivi dalle necessità naturali, a cui ognuno, vinto dal sentimento stesso della necessità ineluttabile, volontariamente si sottomette.
4. Garantiti i mezzi di vita, di sviluppo, di benessere ai fanciulli ed a tutti coloro che sono impotenti a provvedere a loro stessi.
5. Guerra alle religioni ed a tutte le menzogne, anche se si nascondono sotto il manto della scienza. Istituzione scientifica per tutti e fino ai suoi gradi più elevati.
6. Guerra alle rivalità ed ai pregiudizi patriottici. Abolizione delle frontiere: fratellanza fra tutti i popoli.
7. Ricostruzione della famiglia in quel modo che risulterà dalla pratica dell'amore, libero da ogni vincolo legale, da ogni oppressione economica o fisica, da ogni pregiudizio religioso.

Perchè non votare

I . Né eletti, né elettori.

Nessuno aspirerebbe al potere se questo non procacciasse dei vantaggi, dei privilegi morali, politici ed economici. Quindi il potere è per sua natura ingiusto e corruttore. Noi non siamo astensionisti in forza di qualche pregiudiziale o perché il potere invece di avere una forma democratica repubblicana l'ha borghese e monarchica, oppure perché non è schiettamente clericale o papalina ; ma perché noi siamo avversi ad ogni forma di potere costituito, perché ogni potere costituito rappresenta una sopraffazione, una violenza, un'ingiustizia. Comprendiamo che i mali sociali si eliminano eliminando le cause che li generano, quindi logicamente siamo avversi allo Stato, qualunque sia la sua forma, perché questo rappresenta un tiranno che sta sul collo dei cittadini ; un grande parassita dalle mille branche che sa tutto assimilarsi, tutto carpire senza nulla dare. Comprendiamo che accettare per principio che altri pensino per noi, studino per noi, facciano per noi è un condannarci all'inattività, è rinunciare alla nostra indipendenza, è lasciarci atrofizzare lo spirito d'iniziativa sia nel campo del pensiero che dell'azione. Un uomo, un popolo è forte, è capace di sostenere efficacemente la lotta per la vita, ed anzi riesce a trionfare sulle difficoltà che gli si parano innanzi, a misura dello spirito d'indipendenza e d'iniziativa di cui è animato. Invece la tattica elezionistica abitua gli uomini ed i popoli alla passività, tutto si limita a fare la fatica di eleggersi un rappresentante, ad accentrare così in poche mani il potere e quindi l'avvenire di un'intera nazione. Perciò noi anarchici siamo convinti che la massima indipendenza sia dell'individuo, come di ogni singola collettività umana, sia una condizione indispensabile di rapido progresso e di sviluppo su ogni ramo di attività e una eliminazione di parassitismo e di ogni ingombrante e dannosa burocrazia. Non bisogna metter l'uomo nelle condizioni che possa diventare il padrone dell'altro uomo ; non bisogna concedergli né riconcedergli un'autorità, di cui poi tutti debbano sopportare le conseguenze dannose e subire gli errori e le ingiustizie che vengono consumate in nome di un potere da noi stessi eletto. Il potere per sua natura deve sviluppare due grandi mali che paralizzano la vita di un intero popolo, e cioè l'accentramento e la burocrazia. Stabilire che a Roma si debbano discutere, approvare, dare ordini, regolare i rapporti e gli interessi che riguardano collettività che risiedono a Milano, Torino, Palermo, ecc. è quanto di più errato si possa pensare e stabilire. Tutti anche nelle più dolorose circostanze hanno potuto constatare il grande fallimento dello Stato. Lo Stato che in tutti i paesi del mondo non sa far altro che opera paralizzatrice delle individuali energie e il grassatore delle fatiche altrui, deve essere combattuto e non aiutato, deve essere abbattuto e non modificato. Quindi, o lavoratori, quando coloro che ambiscono di diventare i monopolizzatori di tutto, sciorineranno molti sofismi e vi useranno tutte le blandizie che il loro animo d'ipocriti dominatori sa abilmente trovare, ricordatevi che voi non dovete concorrere a dare vita allo Stato ; voi non dovete concorrere a nominare gli uomini che lo impersonificheranno ; voi se volete far trionfare la libertà e la giustizia non dovete essere né eletti né elettori.

II . Che fare?

Arrivati a questo punto mi pare di sentirmi da ogni parte rivolgere la domanda : Che fare dunque? Io rispondo con una sola parola : la rivoluzione. Questo malessere generale che ormai si acutizza in tutte le classi dei lavoratori, si estende anche nelle altre categorie meno potenti, meno privilegiate, le quali cercano con ogni mezzo di non essere completamente travolte dalla lotta per la vita. Questo disagio quasi generale rappresenta le prime scosse della terra in quel punto dove non si è ancora definitivamente assestata, e l'assestamento verrà dopo una grande scossa, dopo un tremendo terremoto. Quindi anche la natura c'insegna che noi non possiamo mutare radicalmente i rapporti economico-sociali se non compiamo l'atto rivoluzionario, l'atto definitivo che deve completare, anzi attuare, quella rivoluzione che già è avvenuta nel pensiero nostro. Tutto il resto è vana retorica, se non è spudorata menzogna. La rivoluzione non è un capriccio, non è una degenerazione, non è una malvagità, ma è una necessità. Bisogna che ogni uomo possa assestarsi sulla terra come egli vuole, bisogna che si senta completamente libero nei suoi atti e nel suo pensiero, bisogna che l'individuo non s'imponga alla collettività, come la collettività all'individuo, e ciò non può venire se non col trionfo della grande rivoluzione livellatrice e liberatrice di tutte le ingiustizie, di tutte le miserie e di tutte le schiavitù.